punto di interesse
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Narra un’antica tradizione che il Vescovo di Terni e Carsulae Volusiano volle erigere una cattedrale in onore del Santo Procolo, vescovo anche lui di Terni, a seguito del suo martirio nel 310 d.C.
Lo stesso edificio fu poi ricostruito attorno al X secolo per accogliere le spoglie di San Gemine, Patrono di San Gemini.
A parte i riferimenti della tradizione, non conosciamo per certo l’anno di fondazione della Chiesa di Santo Gemine, Duomo di San Gemini.
La sua architettura semplice e severa, rimanda ad elementi che risalgono al XIII secolo, come la finestra in stile tardo gotico della facciata.
Tra il 1817 e il 1847, l’ingegnere Livoni, pare con la consulenza addirittura di Antonio Canova – che soggiornò a San Gemini nel 1813 e a cui è dedicata una via e il palazzo dove visse – rivisitò l’intera struttura.
L’interno della chiesa, in stile neoclassico con accenni neo-barocchi, conserva quattro splendide tele dei primi del XVII secolo:
Sotto l’altare maggiore l’urna con le reliquie di Santo Gemine, Patrono della città, rinvenuta nel 1775 in una nicchia murata adiacente alla sagrestia e la pergamena che attesta il ritrovamento.
Narra un’antica tradizione che il Vescovo di Terni e Carsulae Volusiano volle erigere una cattedrale in onore del Santo Procolo, vescovo anche lui di Terni, a seguito del suo martirio nel 310 d.C.
Lo stesso edificio fu poi ricostruito attorno al X secolo per accogliere le spoglie di San Gemine, Patrono di San Gemini.
A parte i riferimenti della tradizione, non conosciamo per certo l’anno di fondazione della Chiesa di Santo Gemine, Duomo di San Gemini.
La sua architettura semplice e severa, rimanda ad elementi che risalgono al XIII secolo, come la finestra in stile tardo gotico della facciata.
Tra il 1817 e il 1847, l’ingegnere Livoni, pare con la consulenza addirittura di Antonio Canova – che soggiornò a San Gemini nel 1813 e a cui è dedicata una via e il palazzo dove visse – rivisitò l’intera struttura.
L’interno della chiesa, in stile neoclassico con accenni neo-barocchi, conserva quattro splendide tele dei primi del XVII secolo:
Sotto l’altare maggiore l’urna con le reliquie di Santo Gemine, Patrono della città, rinvenuta nel 1775 in una nicchia murata adiacente alla sagrestia e la pergamena che attesta il ritrovamento.
La figura di Yemin, poi Gemine (o Gemino) è legata da alcune narrazioni medievali: una memoria sui Santi Gemine e Gemulo Liber Notitiae Sanctorum Mediolani di Goffredo Bussero del XIII secolo, e una Vita S. Gemini di anonimo autore ripresa dal gesuita Bernardino Coccovagini nel 1686 e accreditandola come un copia eseguita nel 1668 dai Frati Minori di San Gemini.
I punti saldi della storia di questo monaco benedettino sono la sua origine siriana e, un po’ come il Santo di Assisi, la sua conversione al Cristianesimo dopo essere stato uomo d’arme.
Il ritiro alla vita eremitica e poi l’arrivo in Italia con soggiorno nei monasteri di San Paterniano, di Fano e di Casventum presso San Gemini.
Infine il viaggio a Ferento a 6 km da Viterbo dove, respinto dagli abitanti della città si rifugia in una grotta dove muore il 9 ottobre dell’815.
Tradizione narra che, per via del suo esempio gli abitanti decisero di chiamare la città in suo onore: San Gemini.
Interessante l’ipotesi che il Santo Geminus (=Doppio) possa essere legato a una tradizione ancora più antica. Tradizione che troviamo nei due templi gemelli di Carsulae (link al PDI) più volte ascritti a Castore e Polluce, alla stessa Chiesa di Cosma e Damiano – santi medici, sempre nell’Area Archeologica del municipio romano, e magari quel culto per le acque (Esculapio e della figlia Igea) che lega i luoghi di San Gemini e Ferento.
La figura di Yemin, poi Gemine (o Gemino) è legata da alcune narrazioni medievali: una memoria sui Santi Gemine e Gemulo Liber Notitiae Sanctorum Mediolani di Goffredo Bussero del XIII secolo, e una Vita S. Gemini di anonimo autore ripresa dal gesuita Bernardino Coccovagini nel 1686 e accreditandola come un copia eseguita nel 1668 dai Frati Minori di San Gemini.
I punti saldi della storia di questo monaco benedettino sono la sua origine siriana e, un po’ come il Santo di Assisi, la sua conversione al Cristianesimo dopo essere stato uomo d’arme.
Il ritiro alla vita eremitica e poi l’arrivo in Italia con soggiorno nei monasteri di San Paterniano, di Fano e di Casventum presso San Gemini.
Infine il viaggio a Ferento a 6 km da Viterbo dove, respinto dagli abitanti della città si rifugia in una grotta dove muore il 9 ottobre dell’815.
Tradizione narra che, per via del suo esempio gli abitanti decisero di chiamare la città in suo onore: San Gemini.
Interessante l’ipotesi che il Santo Geminus (=Doppio) possa essere legato a una tradizione ancora più antica. Tradizione che troviamo nei due templi gemelli di Carsulae (link al PDI) più volte ascritti a Castore e Polluce, alla stessa Chiesa di Cosma e Damiano – santi medici, sempre nell’Area Archeologica del municipio romano, e magari quel culto per le acque (Esculapio e della figlia Igea) che lega i luoghi di San Gemini e Ferento.
È tradizione ormai che dall’ultimo sabato di settembre fino alla seconda domenica di ottobre, San Gemini riviva le atmosfere del medioevo grazie al Rione Rocca e al Rione Piazza che si sfidano per Giostra dell’Arme.
Un susseguirsi di eventi, la riapertura delle taverne e la possibilità di degustare i leggendari Picchiarelli di San Gemini, e le rievocazioni storiche, come la suggestiva “pesatura dei ceri”, che culminano il 9 ottobre con la Festa del Patrono.
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La Progressive Web App è parte del progetto “Le Terre dei Borghi Verdi”, realizzato in collaborazione e con il contributo della Regione Umbria – Assessorato al Turismo
©2021 Le Terre dei Borghi Verdi
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